Il 8 e 9 giugno 2025, gli italiani saranno chiamati a votare in un referendum abrogativo su 5 quesiti riguardanti lavoro e cittadinanza.
Promosso da vari gruppi, dovranno raggiungere il quorum del 50%+1 per essere validi. L’8 e il 9 giugno 2025, i cittadini italiani si troveranno di fronte a un’importante opportunità di partecipazione democratica attraverso un referendum abrogativo.

Questo evento coinvolgerà tematiche di grande rilevanza sociale e politica, permettendo agli elettori di esprimere la loro volontà riguardo a cinque quesiti. Quattro di questi si concentrano su questioni legate al mondo del lavoro, mentre uno si focalizza sulla cittadinanza.
Quorum e storicità del referendum
L’importanza di questo referendum è sottolineata dal sostegno ricevuto da diverse organizzazioni e movimenti sociali, tra cui la CGIL, che ha raccolto oltre 4 milioni di firme per i quesiti sul lavoro.
La Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibili tutti e cinque i quesiti, rendendo possibile il voto. Tuttavia, per garantire la validità del referendum, è necessario raggiungere il quorum del 50% + 1 degli aventi diritto. Questa sfida è significativa, considerando che nella storia dei referendum abrogativi in Italia, dal 1946 a oggi, ben 33 su 72 non hanno raggiunto il quorum. L’ultimo referendum, tenutosi nel giugno 2022, ha evidenziato questa difficoltà, fallendo nel raggiungere il quorum. È fondamentale, quindi, una mobilitazione efficace di tutti coloro che desiderano far sentire la propria voce.
I quesiti del referendum
Quesito 1: Licenziamenti e contratto a tutele crescenti
Il primo quesito riguarda il decreto legislativo n. 23 del 2015, parte del Jobs Act, che regola i licenziamenti per i lavoratori assunti con contratti a tutele crescenti. Attualmente, in caso di licenziamento illegittimo, i lavoratori non hanno diritto al reintegro automatico, ma solo a un’indennità economica. Se il Sì prevalesse, si tornerebbe alla possibilità di reintegro, mentre un No manterrebbe l’attuale normativa.
Quesito 2: Indennità per i licenziamenti nelle piccole imprese
Il secondo quesito concerne l’indennità per i lavoratori licenziati da piccole imprese con meno di 15 dipendenti. Attualmente, l’indennizzo è limitato a un massimo di 6 mensilità. Un Sì eliminerebbe questo limite, dando maggiore discrezione ai giudici nel determinare l’importo dell’indennità, mentre un No confermerebbe l’attuale normativa.

Quesito 3: Contratti a termine
Il terzo quesito modifica le attuali regole sui contratti a termine, attualmente limitati a un massimo di 12 mesi senza giustificazione. Se vincesse il Sì, si reintrodurrebbero le causali per la stipula di contratti a termine, rendendo il mercato del lavoro meno flessibile. Il No, invece, manterrebbe lo status quo.
Quesito 4: Responsabilità solidale negli appalti
Il quarto quesito concerne la responsabilità del committente in caso di infortuni sul lavoro negli appalti. Attualmente, il committente non è responsabile per infortuni derivanti da rischi specifici dell’appaltatore. Con un Sì, si reintrodurrebbe la responsabilità solidale, spingendo verso una maggiore protezione per i lavoratori.
Quesito 5: Cittadinanza italiana per stranieri
L’ultimo quesito mira a ridurre il tempo necessario per ottenere la cittadinanza italiana da 10 a 5 anni di residenza legale continuativa. Questo cambiamento potrebbe rappresentare un importante passo verso una maggiore inclusione sociale per gli stranieri residenti in Italia.
Dettagli sul voto
Il referendum si svolgerà l’8 e il 9 giugno 2025, con i seggi aperti dalle 7:00 alle 23:00 di domenica e dalle 7:00 alle 15:00 di lunedì. Gli elettori dovranno presentarsi con un documento d’identità e la tessera elettorale. Ogni elettore riceverà una scheda per ciascun quesito, con indicazioni chiare sulle normative da abrogare e le opzioni di voto.
È cruciale che i cittadini comprendano la rilevanza di questo referendum per il futuro del paese e per i diritti dei lavoratori e dei cittadini. Il Referendum nelle intenzioni dei promotori serve a ristabilire giustizia, serve ad abrogare le leggi fatte attraverso il jobsact che hanno finito, purtroppo, per creare condizioni dei lavoratori ancora più precarie.